Leggi anti-LGBT in Polonia e Ungheria: la Commissione Europea apre un’azione legale

Dalle minacce l’Unione Europea è passata ai fatti. Dopo la persistenza delle zone LGBT-free in Polonia e dopo che l’Ungheria ha ignorato la richiesta da parte di numerosi Paesi della comunità di ritirare la legge contro la propaganda LGBT+ entrata in vigore settimana scorsa, oggi è stata inviata alle autorità polacche e ungheresi una lettera di costituzione in mora. Si tratta di una sorta di diffida, che potrebbe consistere nel primo passo della procedura d’infrazione nei confronti degli Stati membri governati da Orbàn e Duda, che può portare al deferimento alla Corte di giustizia dell’UE e a sanzioni pecuniarie.

«L’uguaglianza e il rispetto della dignità e dei diritti umani sono valori fondamentali dell’UE, sanciti dall’articolo 2 del trattato dell’Unione Europea – si legge nella nota che si apre con una dichiarazione della presidente von der Leyen – La Commissione utilizzerà tutti gli strumenti a sua disposizione per difendere questi valori».

Lettere di costituzione in mora a Ungheria e Polonia

In merito al nuovo provvedimento ungherese, la Commissione Europea ritiene che siano state violate diverse norme, tra cui la direttiva sui servizi di media audiovisivi, la direttiva sul commercio elettronico, la limitazione dei servizi della società dell’informazione transfrontalieri, la trasparenza del mercato unico, il trattato sulla libera prestazione di servizi, il diritto alla protezione dei dati e gli articoli 1, 7, 11 e 21 della Carta dei diritti fondamentali, vale a dire «la dignità umana, la libertà di espressione e di informazione, il diritto al rispetto della vita privata nonché il diritto alla non discriminazione».

Nella nota viene spiegato che «La tutela del minore è un interesse pubblico legittimo che l’UE condivide e persegue. Tuttavia, in questo caso l’Ungheria non ha spiegato perché l’esposizione dei bambini a contenuti LGBTIQ in quanto tale sarebbe dannosa per il loro benessere o non è in linea con l’interesse superiore del bambino». Sotto accusa anche la legge che impone un disclaimer sui libri per bambini che contengono riferimenti alle tematiche LGBT+ e degli stereotipi di genere: «l’Ungheria non è riuscita a giustificare la restrizione di questi diritti fondamentali».

Per quanto riguarda le cosiddette “zone libere dalla ideologia LGBT” in Polonia, la Commissione ritiene che tali dichiarazioni possano «violare il diritto dell’UE in materia di non discriminazione per motivi di orientamento sessuale. Occorre pertanto procedere ad un’analisi dettagliata della compatibilità delle delibere con il diritto comunitario. Per completare questa valutazione, la Commissione ha bisogno di informazioni adeguate ed esaurienti da parte delle autorità polacche».

Così come accaduto per l’Ungheria, la Polonia non ha fornito le spiegazioni richieste dalla Commissione: «ostacola così la capacità della Commissione di esercitare i poteri conferiti dai trattati e non rispetta il principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, che impone agli Stati membri di fornire un’autentica cooperazione alle istituzioni dell’Unione. Pertanto, la Commissione ha deciso di inviare una lettera di costituzione in mora alla Polonia per la sua mancanza di collaborazione».

Cosa succede adesso?

Se, effettivamente, l’Unione Europea proseguirà con una procedura d’infrazione, all’inizio vi sarà uno scambio di lettere per rilevare le carenze e un negoziato politico per risolverle. Dopo questa fase, la Commissione potrà deferire la questione alla Corte di giustizia: si tratta di un procedimento che potrebbe durare anni, al termine dei quali essa potrà chiedere una sanzione. «I procedimenti di infrazione portano regolarmente a una soluzione della situazione senza ricorrere alla Corte di giustizia – spiega una fonte interna alla Commissione a Têtu – In questo caso, la controversia è importante».

 

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