Sodoma: «Pensavo che in Vaticano la patata piacesse di più»

Le mie impressioni su ‘Francesco’ di “Sodoma”

La copertina che riveste il libro è bianca, quel bianco candido che evoca l’idea di purezza di cui però non si scorge alcuna traccia in un volume che, in fondo, parlerebbe di Chiesa. “Sodoma” rende inutile ogni tentativo di tacciare il susseguirsi di scandali sessuali dentro il clero come qualcosa di episodico, mai come nel caso del Vaticano le apparenze di un’istituzione si sono rilevate così fuorvianti.

Una mega inchiesta

L’impegnativo contenuto di questo corposo testo si evidenzia già dopo poche pagine: non si tratta della narrazione di una delle tante storie di un “ridotto allo stato laicale”, ma – come riconosciuto anche dalla stampa cattolica – di «una mega inchiesta» dell’autore, ricercatore e scrittore francese Frédéric Martel. Del resto, è l’autore stesso nella nota d’apertura a marcare le distanze da tutti quei vaticanisti che, nel limitarsi a denunciare gli eccessi individuali, nascondono un vero e proprio sistema: non si tratta di mele marce, è l’intero cesto a essere avariato.

“Il Vaticano ha una delle più grandi comunità omosessuali al mondo e dubito che perfino a Castro, noto quartiere gay di San Francisco ormai molto etero, ce ne siano altrettanti!”

da “Sodoma” di Frédéric Martel

L’opera di Martel è da consumato giornalista investigativo, 4 anni di inchieste sul campo con 1500 persone intervistate tra Vaticano e altri 30 altri paesi; tra gli interlocutori si contano 41 cardinali, 52 vescovi e monsignori, 45 nunzi apostolici e ambasciatori stranieri e oltre 200 tra sacerdoti e seminaristi.

L’autore, supportato da un team di ben 80 researchers, ha incontrato di persona tutte le sue fonti, rivelando sempre la sua identità e fungendo lui da confessore di tutti coloro che hanno scheletri negli armadi. Resteranno delusi i lettori che da Sodoma si sarebbero aspettati un’operazione “name and shame”, poiché non si tratta di una serie di outing – che pure sarebbero giustificati – ma piuttosto di cogliere quanto omosessualità e Vaticano siano indissolubilmente legati.

Frédéric Martel, autore di “Sodoma”

Il libro è frazionato in quattro parti, ciascuna delle quali porta il nome di un papa e chissà chi di loro realmente eterosessuale. Di certo lo è Francesco, il pontefice che per primo ha iniziato a scoperchiare «i giochetti di connivenza e solidarietà omosessuale che si sono sviluppati di nascosto con Paolo VI, si sono amplificati con Giovanni Paolo II, per poi diventare ingovernabili con Benedetto XVI».

 

Più coming out, meno vocazioni

La prima regola di Sodoma è che «il sacerdozio è stato a lungo la via di fuga ideale per giovani omosessuali». È diventato prete quel ragazzo che si è innamorato del suo migliore amico, quello che amava vestirsi frugando nell’armadio della madre, colui che quando si chiudeva in bagno non muoveva la mano pensando all’origine del mondo.

Le frustrazioni sarebbero venute meno in seminario, laddove «tutto diventa più facile per l’omosessuale che non accetta se stesso: comincia a vivere insieme ad altri ragazzi e a indossare vestiti; smette di essere interrogato sulle sue fidanzate; i suoi compagni di scuola, che lo irridevano con battute cattive, restano impressionati dalla sua scelta».

Spesso i genitori, in particolare la madre, consapevoli dell’omosessualità del figlio e del possibile screditamento sociale per la famiglia, incoraggiavano l’ipocrita scelta. Con i moti di Stonewall del ’69, i movimenti di liberazione degli anni Settanta e i Gay Pride a colorare il decennio successivo, gli omosessuali cominciarono a vivere liberamente la loro sessualità. Inevitabilmente il numero delle vocazioni crollò.

Cominciò all’interno della Chiesa a porsi il grande problema del drastico calo delle vocazioni, essendo ormai alle spalle un lungo e buio Medioevo a cui le più alte sfere ecclesiastiche sono da sempre state affezionate. Tuttavia, restava forte all’interno della Chiesa il contingente gay che, unitamente a un celibato contro natura, genera la convinzione che se la Chiesa non è la più grande organizzazione omosessuale al mondo, è senz’altro la più grande organizzazione omosessuata.

 

Represse omofobe

Per i cardinali più anziani – secondo Martel – questo segreto va cercato nel passato: «giovinezze tormentate e anni di disobbedienza gay spiegano la loro doppia vita e la loro omofobia vecchio stampo». Più un prelato è veementemente contro i gay, più alta è la probabilità che la sua veemenza nasconda qualcosa; più un prelato è gay-friendly, e parla poco della questione omosessuale, più si può credere nella sua eterosessualità.

La queen delle vecchie represse è senza dubbio Raymond Leo Burke, il quale dall’inizio del pontificato di Francesco «ha preso il comando dell’opposizione al Papa». Un’opposizione che comanda dalla sua lussuosa (rectius, lussuriosa) dimora che ha impressionato l’autore con quei saponi di marca dai profumi raffinati disposti alla giapponese, quella decina di bottiglie di champagne di marca posizionate nel corridoio e lo stupore non terminerebbe neanche qui. È nota al grande pubblico la “coda” di Burke e quel prolungamento da sovrana nel giorno delle nozze restituisce l’idea del culto della persona che è altresì incarnato dai giovani seminaristi di cui il cardinale è solito circondarsi e da cui è solito farsi baciare la mano in segno di adorazione.

Il cardinale Raymond Leo Burke

Un fulmine a ciel per nulla sereno ha introdotto un altro volto da avvicinare, ma non associare, a Burke: l’ex nunzio apostolico di Washington Carlo Maria Viganò. Egli in un dossier del 26 agosto 2018 ha denunciato la complicità di Papa Francesco nello scandalo degli abusi omosessuali del cardinale americano Theodore Edgar McCarrick; la conoscenza e la copertura, tutte da dimostrare, di tali abusi da parte di Francesco portano monsignor Viganò a richiedere pubblicamente le dimissioni di Francesco. Nella lettera vengono posti sullo stesso piano autori di terribili reati e omosessuali, così che la denuncia diviene l’occasione per “fare outing” di cardinali vicini a Francesco come Parolin e Bacciu, di quelli prossimi a Benedetto XVI come Bertone e Mamberti e, non da ultimo, di quelli più influenti con Giovanni Paolo II quali Sodano, Sandri e Martino. In un contesto di accuse tutte da verificare, si registra però come «per la prima volta, un diplomatico vaticano di alto livello rivel[i] i segreti dei casi di pedofilia e la grande importanza dell’omosessualità in Vaticano».

“Dietro la rigidità c’è sempre qualcosa di nascosto, in tanti casi una doppia vita”

Papa Francesco

Tutte le pazze del Vaticano

Le testimonianze raccolte da Martel palesano come in Vaticano essere omosessuali non solo sia possibile, ma che il numero degli omosessuali aumenti salendo la gerarchia ecclesiastica: l’omosessualità diventa la regola e l’eterosessualità l’eccezione.

Durante i pasti consumati a Santa Marta, residenza papale e di cardinali, vescovi e nunzi, l’ex sacerdote latinista Francesco Lepore ricorda come: «si davano ai cardinali gay dei soprannomi al femminile, e tutta la tavolata ne rideva. Si conoscevano i nomi di chi aveva un compagno o di chi portava i ragazzi a Sanctae Marthae per passare la notte con loro».

“Questo cardinale? Gay! E quell’arcivescovo invece? Gayissimo!”

Francesco Lepore

Tuttavia, la cultura del segreto è necessaria per mantenere il silenzio sulla forte presenza di omosessualità nella Chiesa, per cui – prosegue Lepore – «molti conducevano una doppia vita: sacerdote in Vaticano di giorno, omosessuale nei bar e nei locali di notte. Spesso, questi prelati facevano delle avances ai sacerdoti più giovani – tra questi c’ero anch’io – oppure ai seminaristi, alle guardie svizzere o ai laici che lavoravano in Vaticano».

Il filo rosso che lega tutte le pagine di Sodoma è rappresentato dalle voci, dalle calunnie, dai regolamenti di conti, dalle vendette, dalle molestie sessuali che hanno dimora fissa presso la Santa Sede e la questione gay è una delle principali fonti di questi intrighi. «Le voci sull’omosessualità di un cardinale o di un prelato sono spesso diffuse da omosessuali, loro stessi in segreto, che attaccano in questo modo i loro oppositori liberali» – continua Martel – «si tratta di armi decisive usate in Vaticano dai gay contro i gay».

Se si vuol cercare quali siano i compagni dei cardinali e dei vescovi, è sufficiente domandare ai loro segretari, assistenti o protetti, e dalla loro reazione si saprà la verità. Questa, in estrema sintesi, l’operazione dell’autore. «Erroneamente, normali amicizie vengono interpretate come relazioni, il che è un errore per addizione, ma anche perché si fa fatica ad immaginare delle normali amicizie come relazioni, il che è un altro tipo di errore, stavolta per sottrazione» e questa è l’ultima regola che vale a Sodoma.

 

Vatican Grindr

È praticamente impossibile per un chi abbia vissuto per qualche mese a Roma con una qualsiasi app di incontri scaricata nel proprio smartphone non essersi imbattuto nel profilo di un religioso. Dietro a questi profili c’è spesso chi ha smesso di usufruire di quanto si trova dentro il Vaticano e approfitta di un chat in cui può essere ben garantito l’anonimato per creare legami prostituivi che da qualche anno si instaurano anche così.

Escort” perché “prostituto” non è né elegante né nel gergo, ma dietro questi sex worker c’è il vero dramma della prostituzione romana, laddove spesso per qualche decina di euro dei migranti eterosessuali accettano di confortare analmente un prelato.

Martel si è imbattuto, tra gli altri, in Mohammed, un ragazzo musulmano arrivato in Italia a bordo di un piccolo peschereccio senza motore. Oggi è un escort perché ha compreso che il sesso è il vero business e che i preti hanno nel sesso la loro unica vera passione temporale. «In questo racconto si accoppiano due miserie sessuali: l’enorme frustrazione sessuale dei sacerdoti cattolici trova un’eco nella costrizione dell’Islam».

 

Peccato mortale

«La storia intima di questi uomini che mostrano un’immagine pietosa in pubblico e conducono un’altra vita in privato, così diverse l’una dall’altra, è una matassa difficile da districare» e non si può che cogliere come questo pensiero abbia mosso l’autore a un’inchiesta che, prima ancora di essere sul Vaticano, è una grande inchiesta sull’ipocrisia umana.

Nessuna condanna verso quei religiosi che non hanno avuto il coraggio di accettare se stessi, ma è nella repressione si crea il terreno fertile affinché un uomo esprima il peggio di sé.

Soltanto la verità rende liberi e fino a quando questi uomini non se la saranno conquistata, non gli resteranno che delle avide e malcelate lotte di potere che nel migliore dei casi si consumano tra gay, nel peggiore sconfinano negli abusi.

 

Diego Baldoni

 

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