L’amore ai tempi dell’all you can eat

Ha sempre funzionato così: morto un papa, dopo qualche lacrima, un paio di preghiere e qualche fumata nera, se n’è sempre, subito, fatto un altro. Con le relazioni, soprattutto al giorno d’oggi, funziona in maniera molto simile: ci si strugge, si piange, si buttano giù un po’ di calmanti e qualche bicchiere di vino, per poi far posto al nuovo, meraviglioso, altissimo e purissimo fidanzato, quando ancora il cadavere della vecchia relazione non ha neppure assunto il rigor mortis.

Sicuramente non esiste un termine temporale, clinicamente testato, prima del quale sia, di per sé, sbagliato lanciarsi in una nuova relazione, ma obiettivamente… come possiamo pensare di trovare la “persona giusta” se giuriamo amore eterno a chicchessia e con la stessa facilità con cui Rocco Siffredi sfila un reggiseno? Perché questa fretta?

Se da un lato, infatti, prima di fidanzarsi si devono superare step, indagini, interrogatori e fasi eliminatorie che nemmeno ad Amici di Maria De Filippi, dall’altro è anche vero che si giunge a dirsi parole importanti e colme di significato in pochissimo tempo, spesso ancor prima di sapere se la persona alla quale stiamo affidando il nostro cuore ami la pizza con l’ananas o, peggio ancora, non si sia mai schierata riguardo all’annosa questione arancino/arancina.



Bisognerebbe imparare (di nuovo) a riflettere prima di parlare, a rendersi conto che non si può sapere tutto dopo un paio di birre e qualche orgasmo, a rallentare un po’ lo scenario che abbiamo di fronte, un po’ come nei cartoni animati di un tempo, in cui una schiacciata di Mila durava ben sei puntate ed una parata di Benji anche dodici, a seconda di quanti chilometri fosse lungo il campo da calcio in quell’occasione.

L’amore, quello vero, non è come una staffetta in cui si corrono i cento metri all’impazzata, per poi passare il più o meno logoro testimone al prossimo atleta. L’amore, quello alla Disney, funziona più come una maratona durante la quale è bene, fin dai primi passi, calibrare energie, liquidi e persino l’entusiasmo, così da non correre il rischio di restare senza fiato e, soprattutto, senza “ti amo”, dopo solo pochi metri. Il segreto, in fondo, è autoregolarsi, perché questa vita, a ben vedere, è un immenso e gargantuesco “all you can eat” in cui a mancare davvero non sono il sashimi, gli uramaki o i nigiri, ma la razionalità di non ordinare tutto il menù per poi finire, ancora una volta, chiusi in bagno, abbracciati alla tazza.

 

Cover photo: CityPages.com
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