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La lettera di Achille Lauro agli omofobi: «Sono stato anche io bambina»

Probabilmente non sarà lui a sollevare la palma d’oro, ma il Festival di Sanremo 2020 ha già il suo vincitore morale, e si chiama Achille Lauro. C’è chi gli ha detto di essere stato agghiacciante, osceno, paraculo, chi ha sostenuto di non aver portato sul palco dell’Ariston niente di nuovo, di aver emulato Anna Oxa, Renato Zero o il Duca Bianco quando si è sfilato il mantello esibendo un look queer. Una provocazione che dimostrerà non essere fine a se stessa: Lauro non ha messo a nudo soltanto il proprio corpo ma ha anche tolto il velo al machismo e all’omofobia degli italiani, per giunta rievocando una figura cristiana come quella di San Francesco.

Il cantautore romano è riuscito a fare quello che Zero, la Oxa e nessun altro artista italiano aveva fatto prima: far parlare l’intero Paese di mascolinità tossica, a rendere mainstream un tema che fino a martedì scorso faceva parte per i più di quei noiosi discorsi da radical chic. Poi è arrivata la seconda performance, ed è proprio David Bowie la figura scelta dal cantautore (già prima delle polemiche) per cantare Gli uomini non cambiano di Mia Martini.

«Sono stato anche io bambina» ha cantato Achille restando “un passo indietro” ad Annalisa e facendo una cosa che probabilmente nessun uomo cishet aveva fatto prima di lui: parlare di sè al femminile. O meglio, parlare di sè di come un individuo che ha sia un lato maschile («Sono stato») e uno femminile («anch’io bambina»), una scelta mirata che ha spiegato pochi minuti fa con una lettera sui social.

Cinquantenni disgustosi, maschi omofobi. Ho avuto a che fare per anni con ‘sta gente volgare per via dei miei giri.
Sono cresciuto con ‘sto schifo.
L’aria densa di finto testosterone, il linguaggio tribale costruito, anaffettivo nei confronti del femminile e in generale l’immagine di donna oggetto con cui sono cresciuto.
Sono allergico ai modi maschili, ignoranti con cui sono cresciuto. Allora indossare capi di abbigliamento femminili, oltre che il trucco, la mia confusione di generi è il mio modo di dissentire e ribadire il mio anarchismo, di rifiutare le convenzioni, da cui poi si genera discriminazione e violenza.Sono fatto così mi metto quel che voglio e mi piace: la pelliccia, la pochette, gli occhiali glitterati sono da femmina? Allora sono una femmina.
Tutto qui?
Io voglio essere mortalmente contagiato dalla femminilità che per me significa delicatezza, eleganza, candore.
Ogni tanto qualcuno mi dice:
“Ma che ti è successo?”
Io rispondo: “Sono diventato una signorina”.
Lauro

L’impegno del cantante nella lotta agli stereotipi di genere non è una novità di questi giorni, tant’è che ve ne avevamo parlato settimana scorsa in un articolo in cui il cantante di Me ne frego era in compagnia di altri artisti con una sensibilità simile alla sua: Ghali, Damiano David e Aiello. Ma sappiamo che non è ancora finita qui: Achille ha dato due indizi sulle prossime esibizioni sanremesi: delle maschere e una corona. Noi siamo pronti a consacrarlo re della comunità queer. E forse anche regina.

Sono stato anche io bambina."Cinquantenni disgustosi, maschi omofobi. Ho avuto a che fare per anni con 'sta gente…

Slået op af Achille LauroFredag den 7. februar 2020

8 thoughts on “La lettera di Achille Lauro agli omofobi: «Sono stato anche io bambina»

  1. Il problema del mondo gay è che vuole combatte gli stereotipi a suon di stereotipi alternativi, alla fine sempre nel pantano della funzione e dell’estremismo si finisce.

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