Foto: Mercedes Mehling

! * Cronaca

Roma, bullismo a scuola: 13enne gender questioning si suicida

Lo scorso 6 giugno unə 13enne gender questioning è statə ritrovatə senza vita dalla madre, che da mesi aveva già segnalato alla scuola che suə figliə era vittima di bullismo a causa della sua identità di genere. Noah (nome di fantasia) sembrava infatti non vivere serenamente i cambiamenti del suo corpo durante l’adolescenza, aveva quindi deciso di tagliare i capelli e di utilizzare un nome neutro.

La madre e il suo avvocato, che parlano dellə figliə usando pronomi del genere assegnato alla nascita, sono infatti convinti che l’ansia e la depressione che erano state diagnosticate a Noah erano frutto di quel trattamento riservato dalle amiche che, dal momento delle prime prese di consapevolezza sulla propria identità di genere, l’avevano isolatə e lə chiamavano «maschio mi**ottone». A nulla era servito cambiare di classe: secondo quanto dichiarato dalla madre, negli ultimi giorni si erano rifatte sotto con atti di bullismo.

Eppure, in una mail mandata alla dirigente scolastica lo scorso novembre, la donna aveva manifestato la propria preoccupazione. «Purtroppo anche dopo il cambiamento di classe continuano a sussistere le stesse problematiche – scriveva – mia figlia è stata presa di mira da un gruppetto di ragazze principalmente per la sua fisicità, oggetto di derisione e di un chiacchiericcio che sembrerebbe essersi diffuso anche ad altre classi. […] Mia figlia sta iniziando a prendersela con se stessa. […] Abbiamo bisogno della vostra attenzione e del vostro aiuto, io da sola non ce la faccio».

Secondo quanto riportato dal Messaggero, la preside ritiene tuttavia che sia stato fatto tutto il possibile, sostenendo che Noah «a scuola era felice» e, circa l’identità di genere, che «una preside è l’ultima a saperlo». «Gli esperti – afferma l’avvocato della madre dellə giovane – sono chiari nell’affermare che la valutazione che Noah faceva di se avveniva in base a quanto gli altri pensavano di lei. Per cui figuriamoci quanto certe affermazioni e certi sberleffi possano avere influito. Se ci sono state responsabilità in omissioni o sottovalutazioni vanno individuate».

Una storia da non ignorare nel dibattito sul ddl Zan

Ci sono due aspetti sui quali la morte di Noah dovrebbe farci riflettere e sono proprio i due punti sui quali la destra e la corrente minoritaria “gender critical” delle femministe stanno facendo leva per impedire l’approvazione del disegno di legge contro l’omotransfobia.

L’articolo più osteggiato da Lega, Fratelli d’Italia e parte di Forza Italia è quello sulla giornata nazionale contro l’omo-lesbo-bi-transfobia, che incoraggia (ma non obbliga) gli istituti scolastici a svolgere attività per educare al rispetto delle persone omosessuali, bisessuali e transgender. C’è, nella destra, chi l’ha definita «pedofilia di Stato» e una «imposizione dell’omosessualità», e chi ha agitato il solito spauracchio del gender, senza riuscire a spiegare cosa esso sia.

La principale “preoccupazione” dei detrattori del ddl Zan è che per parlare di omofobia o transfobia occorra spiegare ai ragazzi delle elementari e delle medie cosa sia il sesso. Timore del tutto pretestuoso, dal momento che si può parlare dell’attrazione per persone dello stesso sesso in termini di affettività, mentre l’identità di genere è un tema che non ha alcuna relazione diretta con i rapporti sessuali.

C’è poi la volontà dellə aderenti al movimento gender critical, oltre che della solita destra e di alcuni centristi, di sostituire, all’interno del testo della legge, l’espressione identità di genere con “transessualità”, oppure di rimuoverla del tutto, come si evince dalla controproposta del ddl Ronzulli. Ciò potrebbe sembrare innocuo a molti, ma aumenterebbe il rischio che la legge non venga applicata a casi di discriminazione ai danni di persone transgender che non hanno avviato o che scelgono di non avviare un percorso di transizione medicalizzato, di persone non binary, gender questioning e gender variant, ovvero coloro che in Italia sono più espostə alla discriminazione e alla violenza.