«Caccia all’omo»: da oggi in libreria il libro inchiesta di Simone Alliva sull’omofobia

Una settimana fa aveva spoilerato i contenuti del disegno di legge contro l’omotransfobia, oggi Simone Alliva esce nelle librerie di tutta Italia con «Caccia all’omo», il libro-inchiesta che trae origine dal reportage da lui stesso realizzato per L’Espresso e pubblicato nel febbraio 2019. Il suo lavoro aveva disegnato una tremenda linea del tempo che occupava ben dodici pagine di un report che elencava i soprusi di tredici mesi subiti da gay, lesbiche, bisessuali e trans.

Ma, una volta pubblicata quell’inchiesta, il monitoraggio è poi proseguito?
È proseguito grazie a un’abitudine quotidiana che è nel dna di chi fa il mio mestiere: la lettura dei giornali. Basta sfogliare la mattina un quotidiano per rendersi conto che gli episodi di omotransfobia non si sono mai fermati. Soltanto negli ultimi giorni abbiamo letto di un’aggressione verbale ai danni di un attivista (l’ex presidente di Arcigay Napoli, Antonello Sannino), di una trans sfigurata dai suoi vicini, di una coppia gay cacciata di casa dal proprietario, dell’aggressione ai danni due ragazzi rei di aver difeso l’amico gay. Fino alle minacce di morte al deputato Zan. Sono tutti episodi che non rappresentano una novità per il Paese, ma che affondano le radici dentro un odio che si è fortificato negli ultimi anni. Come spiego nel libro.

L’omotransfobia sembra essere nuovamente esplosa dopo il lockdown, ma qual è la stima degli episodi non denunciati?
In realtà l’omotransfobia non si è mai fermata. Neanche durante il lockdown. Ha cambiato scenario, ma non si è placata. Si è spostata nelle mura domestiche, come abbiamo raccontato in un altro articolo su L’Espresso lo scorso 18 maggio. Non ha preso una pausa. È davvero difficile stimare gli episodi non denunciati perché ci sono vari livelli di violenza, pensate ai ragazzini costretti alle terapie riparative. Non sapremo mai chi e quanti sono perché molti cercano di rimuovere quel periodo così oscuro della loro vita.

E quali sono i dati più attendibili?
Ci sono quelli che provengono dalle associazioni, dai servizi che supportano le vittime, dal Rapporto annuale sui crimini d’odio dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). Ma prendiamo questi ultimi due, ad esempio, i dati pubblicati da OSCE sono forniti combinando i dati del “Sistema di Indagine – SDI” (estratti dal CED interforze delle forze di polizia) e le segnalazioni che provengono all’Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori (OSCAD), questi ultimi  attengono ai reati con finalità discriminatorie che hanno “copertura normativa”, ossia relativi a “razza, etnia, nazionalità, religione e appartenenza a minoranze linguistiche nazionali” previsti dalla legge Mancino-Reale. In ogni caso, non essendoci in Italia il reato di omotransfobia, è difficile proporre una stima reale. Quello che sappiamo, però, è che i numeri che leggiamo sono spesso soltanto la punta dell’iceberg.

Al tempo dell’inchiesta su L’Espresso Salvini era Ministro dell’Interno, quanto incide sui casi di omotransfobia una comunicazione istituzionale segnata dalla paura del diverso?
Moltissimo. Lo capiamo sempre meno. Nel libro c’è un capitolo dedicato proprio all’origine dell’odio omotransfobico. Come spiegano lo psichiatra Vittorio Lingiardi e lo psicologo Guido Giovanardi, c’è una strategia intenzionale che cavalca sentimenti negativi per un tornaconto elettorale. Disumanizzare le minoranze serve da un punto di vista politico e alimenta l’odio che si trasfigura da slogan e parole a pugni e spranghe.

Com’è nata l’idea di trasformare tutto ciò in un libro?
Non avevo intenzione di scrivere un libro. Scrivendo per diversi giornali, soprattutto lavorando a inchieste giornalistiche che richiedono tempo e fatica, diciamo che stavo bene così. Tuttavia, dopo l’inchiesta pubblicata su L’Espresso, mi sono reso conto che c’era davvero tanto da dire sulla questione. C’erano tantissime cose che non venivano nominate. Rimanevano nella penna storie che avrei voluto raccontare, questioni che avrei voluto approfondire. Così, girando l’Italia, ho cercato delle risposte. Poi ho trovato in Fandango Libri, ma soprattutto la mia editor Tiziana Triana, un’opportunità di libertà che non potevo non cogliere per raccontare per pubblicare un’inchiesta del genere. Mi sono sentito libero di fare il mio mestiere da cronista senza limiti di spazio o tempo. Dare voce a chi voce non ha, questo libro è stato scritto per questo. Spero di esserci riuscito. Giudicheranno i lettori.

Dato che sei riservato sulla tua vita privata, ma hai molti followers al tuo seguito, ci dici una cosa di te che non hai ancora pubblicamente rivelato sui social?
È vero, conosco l’accusa. Pubblico qualche selfie, qualche stato, ma niente di più sul mio privato. Non ci faccio caso, gretagarbeggio ed è una cosa che mi viene naturale. Per me è un complimento. Uso i social per diffondere idee, pensieri, il mio lavoro che comunque occupa gran parte della giornata. Ho ricevuto un’educazione anche professionale molto rigida, molto spartana. Mi sveglio alle 6:30 leggo i giornali e inizio a scrivere e lavorare tutto il giorno. Nei weekend spengo tutto ed esco. E forse perché viviamo dentro un mondo sempre acceso, sempre connesso tendo un po’ a nascondere il mio privato anche quello sentimentale. C’è molta dignità nella riservatezza e anche del fascino. Comunque, se mi chiedi qualcosa di me nel concreto: sono un appassionato di musica black dagli anni 30 ad oggi. Dal soul al rap. Gioco a pallavolo e beach volley. Amo andare ai concerti. Viaggiare nei weekend, non resto quasi mai a Roma. Tutte cose che, diciamolo, sono vietate dentro questo tempo. E sono single. Non è Grindr, ma è sempre bene provarci.

Ci aspettano mesi di grandi battaglie per una seria legge contro l’omotransfobia, tu sei riuscito ad avere in anteprima i contenuti del testo base. Quante chance ci sono di approvare questa versione? Quali sono i punti che rischiano un compromesso al ribasso?
Se questo testo dovesse cambiare dal punto di vista di intervento penale, mi riferisco ai primi articoli, allora il movimento dovrebbe fare una riflessione attenta su quello che ha già deciso di accettare. Lo dico perché ho visto girare una campagna a favore del testo, una sorta di atto di fede verso il disegno di legge, pur non essendo ancora arrivato in Aula. Mi fa piacere sapere che la comunità LGBT+ si stia muovendo, però ho anche pensato che serve una certa misura. Tuttavia, non credo che cambierà molto, cambieranno le virgole.

Dunque, la volontà politica sembra non mancare?
Ecco, questa volta mi sembra di aver visto una volontà vera nell’approvare questa legge così com’è. Lo dico anche se so che all’on. Zan non è andata molto giù il fatto che L’Espresso abbia messo mano sul testo in anteprima. Ma siamo giornalisti, non militanti. Era interessante osservare il terreno della battaglia in corso tra CEI e comunità LGBT+. Tuttavia, sono sicuro che ci saranno accordi sulla questione per quanto riguarda la seconda parte del testo: pensiamo ai finanziamenti per le case rifugio e le case di accoglienza e alle varie iniziative. Sono cose che servono e che in questo paese hanno salvato vite, nel libro lo racconto. Ma sarà molto difficile far passare quella parte in Parlamento. Il motivo è semplice: segui i soldi. Follow the money, diceva la gola profonda del Watergate in “Tutti gli uomini del presidente”. Galleggiamo tutti su una pandemia che ha distrutto la nostra economia sotto ogni punto di vista. E i soldi da seguire non ci sono. In questo momento storico sarà un po’ difficile ottenere queste risorse. Ma chissà, tutto è nelle mani dei deputati e dei senatori. Da cittadino spero di sì e me lo auguro, da cronista politico ho qualche dubbio.

 L’alleanza tra sinistra e MoVimento 5 stelle garantì che il testo di legge sulle Unioni Civili potesse essere approvato in Commissione e arrivare in Assemblea, poi tutto deflagrò in Aula. Che cosa dobbiamo attenderci questa volta?
C’ero in quei giorni. Ricordo anche una certa resistenza da parte dei cattodem del Partito Democratico. Ricordo le urla di alcuni renziani contrari alla legge sulle unioni civili, in particolare alla stepchild. Ricordo il voltafaccia del M5s che lasciò tutti noi cronisti in tribuna stampa di sasso. Possiamo aspettarci di tutto. Tutto può cambiare perché in politica niente è certo. Vedo una certa resistenza da parte di alcuni deputati del Partito Democratico, una certa indifferenza da parte del M5s, un interesse a favore da parte di Forza Italia e poi un lavorio da parte della destra sovranista che mi preoccupa parecchio. Succederà di tutto, l’importante è che oggi come allora i cittadini siano uniti. Tutti le associazioni LGBT+ e non solo, dovrebbero abbracciare questa legge. Questo è un testo che, contemplando accanto all’orientamento sessuale e l’identità di genere anche il genere, diventa una legge contro la misoginia per quel che riguarda il penale. Insomma, riguarda chiunque.

La critica che viene principalmente mossa dagli ambienti oscurantisti, sintetizzabile nella posizione della CEI, è che il ddl possa limitare la libertà d’opinione. Critica che nel tuo articolo per L’Espresso e sui social hai pazientemente smontato, beccandoti del “racconta frottole” da un’associazione “pro life” e non ricevendo risposta a una domanda posta all’on. Ceccanti su Twitter. Obiezioni lecite o solo un modo per ostacolare l’approvazione della legge?
Chissà, forse l’on. Ceccanti ci ha ripensato, frequenta i codici più di me e dovrebbe sapere bene che i suoi dubbi non trovano spazio. Ammesso e non concesso che non voglia cambiare la legge per altri motivi. E allora dovrebbe spiegare quali. Per quanto riguarda le critiche mosse dalla CEI: sono francamente ridicole. L’ordine di scuderia di bollare la legge come liberticida è partito prima che uscisse il testo. Adesso il testo è stato pubblicato ed è scritto lì, nero su bianco: la libertà di espressione resta. Di cosa stanno parlando? Per un attimo ho avuto il dubbio che avessero usato anche lo stesso comunicato stampa pubblicato nel 2013 per attaccare la proposta Scalfarotto. Stesso tono, stesse motivazioni. Ci sono bugie che suonano così bene che sembrano verità occulte. A volte, davvero viene da chiedere: ti prego, dimmi un’altra bugia. La verità però bisogna illuminarla, metterla sotto gli occhi di non riesce a vedere. La verità su chi non vuole questa legge è la paura di non poter più respingere il prossimo. Questa legge traccia una linea. L’Italia può scegliere da che parte stare: da quella della cultura della tolleranza, del rispetto degli altri. Oppure da quella incattivita, feroce che fa della “caccia al diverso” uno sport diffuso e vincente. Siamo in un momento in cui o si va avanti o si precipita pericolosamente indietro. La responsabilità è nostra.

In bocca al lupo per il libro Simone!