Per il senatore Malan la Legge Zan obbligherebbe ad assumere tate drag queen

Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire e il dibattito politico attorno al ddl Zan ci offre ogni giorno nuovi esempi di applicazione di questo antico proverbio. Dopo aver sentito lo sproloquio di Vittorio Sgarbi sulla presunta pedofilia di Stato che verrebbe introdotta da una legge contro le discriminazioni e le fake news di Giorgia Meloni sui bambini che si scambiano gli abiti nelle scuole, ora è il turno del vice-capogruppo vicario di Forza Italia al Senato, Lucio Malan.

Se la presidente Anna Maria Bernini si è più volte esposta a favore del riconoscimento dei diritti LGBT+, così come alcune colleghe di Forza Italia, il suo vice critica da tempo il disegno di legge contro l’omotransfobia. Così, nel corso di una discussione odierna su Twitter con il giornalista Simone Alliva, il senatore forzista ha avanzato quelle che sarebbero, secondo lui, le criticità del testo, dando vita a nuove e fantasiose interpretazioni, tra cui quella che si sarebbe costretti ad assumere una drag queen come babysitter, per non rischiare la galera, qualora questa si presentasse.

Un debunking sul ddl Zan

Alliva, che qualche giorno fa è stato ospite di Propaganda Live per fare debunking su alcune fake news sul ddl Zan, stava continuando a spiegare sui social che il reato di propaganda non verrà esteso alle discriminazioni nei confronti delle persone LGBT+, e che quindi non sussiste nessun pericolo per la libertà di espressione. «La legge Mancino prevede il reato di propaganda. Cioè punisce chi diffonde idee fondate su odio razziale o etnico. La Legge Zan esclude da questa tutela la comunità Lgbt che viene difesa solo in caso di “istigazione a commettere” o in “commissione di atti di discriminazione”», ha ribadito l’autore di Caccia all’Omo.

La precisazione è arrivata dopo che un collega aveva chiesto, nel programma Coffee Break di La7, se fosse possibile insultare qualcuno dopo l’approvazione del ddl. «La Legge Zan punisce un’associazione che pubblicando la foto di un attivista gay invita i suoi seguaci a linciarlo – ha sottolineato il giornalista – Non viene punita una persona dice cose come: “le persone omosessuali sono malate”, “l’utero in affitto è un abominio”, “il matrimonio omosessuale è sbagliato”. Giuridicamente si rispetta quel confine sottile tra determinatezza e indeterminatezza, quello che caratterizza il reato di diffamazione per intenderci, e riserva dunque ai gruppi anti-lgbt quella libertà di pensiero che oggi sentono minacciata».

Come ha già spiegato in più occasioni lo stesso relatore, il disegno di legge non introduce nuovi reati, ma estende le aggravanti previste dalla legge Reale-Mancino a nuove categorie riconosciute come vulnerabili, vale a dire le persone LGBT+, le donne e le persone con disabilità, che secondo alcune indagini si trovano in cima alla piramide delle vittime degli attacchi d’odio. «Proprio la “vulnerabilità” delle persone lgbt viene certificata giuridicamente – scrive Alliva – Lo status di vittima vulnerabile non viene accertato di volta in volta ma desunto da elementi oggettivi: le caratteristiche personali della vittima e la natura e le circostanze del reato».

Malan, le lezioni LGBT e la tata drag queen

Malan interviene sostenendo che «il ddl Zan prevede fino a 4 anni di carcere per chi anche solo fa parte di una organizzazione (ad esempio una chiesa) che incita alla discriminazione, ad esempio esortando ad opporsi alle “lezioni LGBT” (nome infelice per indicare l’educazione contro il bullismo omotransfobico, ndr) nella scuola dei propri figli». Il senatore di Forza Italia si dice poi «contrario ad equiparare chi si oppone a matrimoni e adozioni per coppie omo» a chi «vuole vietare matrimoni tra “ariani” ed ebrei», in una sorta di classifica delle minoranze discriminabili. Alliva aveva, inoltre, appena ricordato che il reato di propaganda di idee fondate sull’odio etnico e razziale non verrà esteso dalla legge Zan; ma ritorniamo al detto di apertura di questo articolo.

La situazione diventa surreale con l’ultimo tweet di Malan, nel quale afferma che si rischierebbe il carcere anche «chi non assume un babysitter perché è una drag queen». Ci sfugge il momento in cui la drag queen sia diventato un orientamento sessuale o un’identità di genere. «È come dire “assumere un postino per fare il muratore”», fa notare un utente. 

L’esempio della tata drag queen, sfortunatamente non suona del tutto nuovo. Nel corso della discussione del ddl Zan alla Camera, infatti, il deputato leghista Alessandro Pagano aveva fatto alcuni esempi di scenari in cui, a suo dire, l’applicazione della legge avrebbe limitato la libertà: «ti arriva la baby-sitter a casa, perché magari l’hai presa tramite un’agenzia, e tu la desideri in maniera diversa, oppure affitti casa a una studentessa e ti si arriva un transessuale (sic!)». Almeno, in questo caso, l’esempio riguardava l’identità di genere – misgendering a parte – e non un’espressione d’arte che per moltə è un vero e proprio lavoro.