Per la CNN Biden ha vinto le elezioni: ora equality act in 100 giorni

Dopo quattro lunghissimi giorni di spogli, la CNN ha ritenuto di avere la “certezza” statistica per affermare che Joe Biden ha vinto ed è il nuovo Presidente degli Stati Uniti. Lo ha appena fatto sulla base delle proeizioni, soprattutto alla luce del risultato della Pennsylvania, dove il candidato democratico è avanti di 34mila voti su Donald Trump con circa il 99% delle schede scrutinate. Con buona pace del presidente uscente, che accusa da giorni l’avversario di brogli senza aver avanzato nessuna prova, ciò comporterà una svolta per l’America e tutto il mondo.

Ora si attende il discotso di Biden, che ha 100 giorni di tempo per mantenere una promessa rivolta ai cittadini e in particolare alle comunità LGBT+: far approvare l’Equality Act entro 100 giorni dall’inizio del suo mandato. Si tratta di una serie di misure per la tutela delle persone vittime di discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, del sesso e dell’identità di genere, che permetterebbero ai cittadini di molti degli Stati della federazione di godere delle tutele che sono già previste in altri Stati. Non a caso, tali tutele sono assenti – grosso modo – in quegli Stati dove hanno vinto i repubblicani.

All’Equality Act si era fermamente opposta l’amministrazione Trump: nell’agosto 2019 la Casa Bianca aveva affermato che «il disegno di legge nella sua forma attuale è pieno di pillole avvelenate che minacciano di minare i diritti dei genitori e della coscienza», con chiaro riferimento alla coscienza religiosa. In pratica, i repubblicani hanno portato avanti in questi anni le stesse argomentazioni dei sovranisti italiani per ostacolare l’approvazione del disegno di legge contro l’omotransfobia.

Nonostante le politiche inequivocabilmente anti LGBT+ del presidente uscente – che ha tentato di vietare il servizio militare alle persone trans e ha rimosso alcune tutele in ambito sanitario – Melania Trump, a pochi giorni dal voto si è detta scioccata nell’apprendere che alcuni media facciano passare suo marito come anti-gay. Di persone queer a pensarla come l’ex first lady non ce ne sono state poche, in quanto circa il 28% delle persone LGBT+ avrebbe votato per Trump: il doppio rispetto alle scorse elezioni (ma una percentuale più dignitosa del 45% emerso da un’indagine di Hornet).

C’è però un altro lato, decisamente positivo, della medaglia. Oltre all’elezione della prima vicepresidente donna, Kamala Harris, le presidenziali 2020 hanno segnato un record di candidati LGBT+, aumentati di un terzo rispetto al 2016, ma anche di eletti alla Camera e al Senato. Tra questi ci sono la prima senatrice trans della storia Sarah McBride, eletta nel Delaware, e i deputati afroamericani gay Ritchie Torres e Mondaire Jones, entrambi eletti a New York. In questa tornata elettorale è stato eletto anche Adrian Tam, primo rappresentante dichiaratamente omosessuale alla Camera dei Deputati delle Hawaii, mentre a Palm Springs, in California, è stata eletta Christy Holstege, prima sindaca dichiaratamente bisessuale di tutta la storia degli Stati Uniti.

Ultimo, ma di certo non per importanza, è il cambiamento nella Costituzione del Nevada, che ora è il primo degli States a prevedere il matrimonio gay all’interno della carta costituzionale, grazie alla rimozione della clausola secondo la quale solo il matrimonio tra un uomo e una donna potesse essere riconosciuto e reso effettivo nello Stato. Più di due terzi dei cittadini hanno votato a favore del riconoscimento del matrimonio «indipendentemente dal sesso».

Se potessimo dare uno slogan a queste elezioni, sarebbe “Make America Gay Again”.

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