Ddl omotransfobia arriva in (una deserta) Aula alla Camera: parola d’ordine “Libertà”

Dopo l’approvazione in Commissione Giustizia, oggi alle ore 15 è iniziata in Aula alla Camera dei Deputati la discussione del ddl contro l’omotransfobia e la misoginia.

Ad aver aperto il dibattito, di fronte a un’Aula che ospitava poche decine di deputati, è stato il relatore Alessandro Zan, che dopo aver illustrato tutti i punti del disegno di legge, ha motivato – come da regolamento – il mancato recepimento le condizioni formulate dalla Commissione Affari Costituzionali nel proprio parere circa la linea di confine tra discriminazione e libertà di pensiero.

L’onorevole Zan ha esplicitato che «l’aggiunta di specifiche ragioni di reato, cioè quelle per sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere, avviene con continuità con quanto già chiarito in sede di interpretazione e applicazione della legge Reale e della Legge Mancino. Esattamente come già avviene per la disciminazione o l’incitamento ad atti discriminatori o violenti fondati su motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi».

Dopo l’intervento dell’onorevole Anna Bilotti del Movimento 5 Stelle, che ha posto al centro del dibattito proprio il confine tra libertà di pensiero e la libertà di essere se stessi e del riconoscimento della dignità sociale delle persone LGBT+, è stata la volta della deputata Annagrazia Calabria. Oltre alla solita retorica benaltrista sulle cose più importanti a cui dovrebbe dedicarsi il Parlamento, l’esponente conservatrice di Forza Italia ha parlato di «colonizzazione culturale» circa l’istituzione di iniziative nelle scuole per promuovere al rispetto delle differenze, come previsto dal disegno di legge.

La deputata di Italia Viva Lucia Annibali – avvocata nota alle pagine della cronaca per essere stata sfregiata con l’acido per mano di due uomini mandati dal proprio ex-fidanzato – ha espresso il proprio appoggio alla legge contro l’omotransfobia e la misoginia, ricordando come le due categorie più colpite dall’hate speech in rete siano proprio le donne e le persone LGBT+.

Successivamente, Laura Boldrini per il Partito Democratico e la pentastellata Gilda Sportiello hanno criticato l’intervento di Calabria. L’ex presidente della Camera ha ricordato che questa legge ci è stata chiesta dall’Europa dal 2006 e che siamo uno dei pochi Paesi in Europa a non aver una legge contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, e che con la logica del benaltrismo non sarà mai il momento giusto per discuterne. Sportiello ha letto alcuni titoli di notizie di cronaca degli ultimi mesi, chiedendo ai presenti se davvero credono che in Italia non ci sia alcuna emergenza omotransfobia.

Interessante l’intervento del democratico Stefano Ceccanti: dopo le iniziali riserve sul ddl, ora il costituzionalista sembra appoggiarlo pienamente. Ceccanti ha infatti riportato delle dichiarazioni di tre uomini cattolici – i giudici repubblicani delle Corta Suprema Neil Gorsuch e Oliver Wendell Holmes Jr, e lo stesso Papa Francesco – a favore di azioni per garantire diritti e dignità sociale alle persone omosessuali, bisessuali e transgender, al fine di dimostrare che si tratta di un atto di civiltà e non di una battaglia ideologica della sinistra.

Gli interventi dell’opposizione

Il secondo deputato dell’opposizione a intervenire dopo Calabrese è stato Ciro Maschio, per Fratelli d’Italia, che ha parlato di legge bavaglio e censura ideologica, in un intervento che riassume le critiche avanzate nelle ultime settimane dall’estrema destra e dagli ultracattolici. La legge non sarebbe necessaria e urgente in questo momento neanche per l’onorevole Andrea Orsini di Forza Italia.

Vi è stata poi una lunga carrellata di interventi contrari, a colpi di slogan, al disegno di legge contro l’omotransfobia da parte dei sovranisti, con l’onorevole Davide Galantino che ha sottolineato di essere (addirittura!) amico da 20 anni di una persona omosessuale, e la deputata Augusta Montaruli che ha tirato in ballo il caso degli affidi illeciti di Bibbiano.

Il momento più inverosimile è stato raggiunto nel corso dell’intervento del leghista siciliano Alessandro Pagano che, con la mascherina abbassata sotto al naso esordisce affermando: «Ho scelto di parlare qui tra gli scranni perché penso che mai come in questo momento questa mascherina abbia una simbologia che va oltre l’aspetto sanitario, visto che a tutti gli effetti questa legge è una legge bavaglio».

Secondo il deputato della Lega, non vi è nessuna necessità di questa legge, ma si sta applicando «l’agenda LGBTQ+» con l’obiettivo di «piegare la legislazione degli Stati, trasformandone la cultura e giungendo poi di fatto alla liquefazione del concetto stesso di entità delle persone umane e quindi del concetto stesso di famiglia» e, una volta isolati gli individui, «manipolarli».

Contro ogni evidenza che possa essere tratta da uno stato dell’arte della sociologia e della psicologia sul concetto di identità di genere, Pagano afferma che l’identità di genere non sia un concetto scientifico e che lo si stia introducendo giuridicamente seppur trattandosi, a suo dire, di «un’invenzione». Secondo il leghista, un uomo potrebbe approfittare della definizione di “identità di genere” fingersi donna e chiedere di andare in pensione prima o per usufruire delle quote rosa, citando un comunicato di 18 associazioni femministe radicali, tra cui l’immancabile ArciLesbica. Altrettanto immancabile il riferimento all’autrice di Harry Potter “Ruling” (sic!).

Il deputato ha continuato il proprio intervento parlando di «eterofobia», di una fantomatica «supercategoria dei gay, del mondo LGBT e tutti gli altri discriminati». Si tratterebbe dunque di un «ragionamento di lobby, una lobby da mille miliardi di euro», una lobby che starebbe dietro ai fondi delle multinazionali. Pagano parla poi di «psicoreato» e aggiunge: «l’omosessuale sereno, quello di cui tutti siamo amici, non avrà mai problemi, non sarà mai quello che si sveglia la mattina e dice “ti denuncio. Ma quello ideologizzato, che vuole creare una supercategoria e discriminare tutti gli altri perché ha degli interessi, avrà tutto l’interesse personale per fare delle denunce».

Il finale è davvero dei peggiori, con un chiaro riferimento – seppur senza fare il nome – a Vladimir Luxuria e il noto episodio della sua discriminazione nel bagno della Camera nel 2006 da parte di alcune deputate. Oltre a fare il solito misgendering, usando il maschile, Pagano ritiene infatti che sia ingiusto perseguire penalmente chi discrimina e umilia una donna transgender che decide di entrare nel bagno del genere nel quale si identifica.

La discussione è stata chiusa con l’intervento conclusivo di Alessandro Zan, che oltre a ringraziare i colleghi per i loro interventi, ha respinto le respinto fermamente le accuse su quella che alcuni hanno definito una “legge liberticida”. «Queste sono affermazioni complatamente destituite di ogni fondamento – ha affermato il relatore del disegno di legge – oltre al fatto che questa legge è già collaudata dalla giurisprudenza come legge Reale-Mancino sulle altre fattispecie, sui reati motivati dalla nazionalità, religione, etnia e razza, dove c’è un intervento della giurisprudenza quarantennale sul bilanciamento della libertà d’opinione e la tutela della dignità, questa legge mira a restituire protezione e diritti a delle persone che oggi sono discriminate per le loro condizioni personali».